La mattina dopo, alle cinque, afferrai
le stampelle che mi avevano procurato in tutta fretta e andai in cucina. Avevo
passato la notte insonne per il dolore. Il giorno prima, avevo raccontato a
Will la verità. Ero inciampata. Ma non gli dissi dove. Mi aveva dovuto togliere
i punti, che si erano aperti a causa del movimento del muscolo nella caduta, e
metterne dei nuovi. Stringevo convulsamente i braccioli della sedia su cui mi
avevano messa mentre lo faceva. Non dovevo più posare il piede a terra, o avrei
rischiato di aprirli di nuovo, e se fosse successo potevo dire addio
alla marcia per un mese e stare quindi immobile a letto tutto quel tempo. Per
fortuna, la madre di Pearl mi aveva procurato quelle stampelle.
Prima di andare in cucina, frugai nella
borsa che era ancora ai piedi del letto e presi la boccetta con i petali di
papavero. Helena aveva detto che si faceva una tisana, allora si dormiva. Ecco,
ne avevo proprio bisogno. Mi accorsi però che nella borsa c'era anche qualcos'altro,
che non avevo messo io. Lo tirai fuori. Era un libro. Sembrava piuttosto
vecchio. Lessi il titolo.
“Fantasmi degli Stati Uniti d'America.”
Bello. Ma chi ce lo aveva messo?
Buttai il libro sul letto, presi le
stampelle e scesi in cucina. Avevo passato la notte a pensare a quella lapide
al cimitero. Ma i miei pensieri erano regolarmente interrotti da una fitta di
dolore. La mia carne era straziata, mi sembrava che urlasse.
Presi un tazza e ci versai
dell'acqua, che riscaldai al microonde. Poi, ci misi dentro tutti i petali
della boccetta. Aspettando i dieci minuti, mi resi conto che quel giorno i miei
sarebbero tornati dal loro viaggio d'affari in Europa. Almeno, Jane se ne
sarebbe andata. Poi, però, pensai che i miei mi avrebbero vista arrivare da
loro in stampelle, con il polpaccio sinistro fasciato e l'avambraccio destro
completamente scorticato. Immaginai la reazione di mia madre. Oddio.
Incavolata, scuoteva la testa, e i capelli pieni di lacca non si muovevano di
un millimetro. Sarebbe stato tremendo.
Dopo dieci minuti, con un colino, tolsi
i petali e li buttai. Poi, cominciai a bere. Faceva un po' schifo, ma se così
riuscivo a dormire, era il giusto prezzo da pagare.
Quando ebbi finito, misi la tazza nel
lavandino, la riempii d'acqua e salii di nuovo in camera mia. Mi misi a letto,
aspettando che il sonno venisse. Pensai che, magari, leggendo sarebbe arrivato
più facilmente. Presi il libro che stava sul fondo del letto e lo aprii a caso.
Era una pagina con un segnalibro, sul quale c'era un pentacolo e una specie di
preghiera. Ok, il libro lo aveva messo nella mia borsa la madre di Chris,
mentre ero in camera sua.
Era il capitolo 27. Il titolo era 'Lo
straniero'. Cominciai a leggere.
“Tra i vari casi di apparizioni di
figure spettrali che ho affrontato, una delle più singolari è forse questa.
“Si racconta che, alla fine dell'estate
del 1860, in un piccolo villaggio apparve una grande carrozza che trasportava
un giovane di diciassette anni. Diceva di essere figlio di un grande della nuova
industria tessile, che veniva in America per fare ancor più fortuna che in
Europa. I suoi genitori lo avevano mandato prima di loro in quel nuovo paese
perchè erano stati trattenuti all'ultimo da importanti affari, e lo avrebbero
raggiunto di lì a pochi giorni. Aveva con se alcune casse, e, si dice, uno
splendido quadro che lo rappresentava.
Ovviamente, l'arrivo di questo
straniero non fu ben vista in quel villaggio isolato. Le madri proibivano ai
loro figli di parlargli, e gli uomini lo ignoravano. Il ragazzo continuava ad
aspettare i suoi genitori, che non arrivavano. Cominciava a non avere più
provviste, ma nessuno si accorse che soffriva la fame. E fu così che, un giorno
di inizio settembre, meno di dieci giorni dopo il suo arrivo, il ragazzo fu
trovato riverso in mezzo alla strada, morto. Cercando nei pochi documenti che
aveva con se, trovarono il suo nome e lo seppellirono nel loro cimitero, che
allora era molto recente.
Cinquant'anni dopo...”
Ero a davanti a davanti al numero 20.
Nathaniel era davanti a me, pallido ed emaciato, serio.
“Tu sei un fantasma!” dissi indicandolo.
Lui assunse l'aria arrabbiata e
terribile che aveva quando gli avevo parlato di telefoni. Si voltò, e corse
via, svoltando l'angolo. Io lo seguii, ma era sparito.
Tornai a casa, perché il numero 20 era
come la mia casa. Quando entrai, vidi che la porta del bagno, in fondo al
corridoio, era aperta. Si vedeva la vasca...e all'interno c'era Nathaniel. In
piedi, messo come in croce, con la carnagione verde e il viso trasfigurato
dall'odio, e dalla morte. Era un mostro. E mi fissava, con quel suo sguardo
duro e terribile...
Mi svegliai urlando. Oddio. Oddio!!!
Avevo dormito!
Ripresi il libro.
“Cinquant'anni dopo, nel 1910, una
ragazzina molto pia di nome Mary Sullivan disse di aver visto un bellissimo
ragazzo per la strada, e di avergli parlato. Ma nessun altro lo vide. Dopo un
po' tutti la diedero per pazza, e i genitori la rinchiusero nel manicomio, dove
la poverina morì otto anni dopo. Grazie a tutta una serie di avventurosi eventi, il
diario teneva la giovane Mary Sullivan è arrivato tra le mie mani, e qui ne
pubblico alcuni passi.
'26 Agosto 1910
Caro diario,
oggi Dio mi ha finalmente mandato un
amico. È un ragazzo che è appena venuto ad abitare nella casa accanto alla mia. La
sua bellezza angelica dimostra l'esistenza del Nostro Signore. Abbiamo
parlato un po', e io ho detto alla mamma che avevamo un nuovo vicino. Ma
lei ha detto che non aveva visto nessuno, e che la casa accanto alla mia è
disabitata da anni, e che ci sono i fantasmi.
28 Agosto 1910
Caro diario,
oggi N. mi ha detto che tra poco i suoi
verranno ad abitare qui, con lui. Così potrò presentarli alla mamma, e lei
vedrà che lui c'è davvero.
1 Settembre 1910
Caro diario,
oggi N. mi è sembrato molto provato.
Sembrava che avesse fame. Io gli ho chiesto che cosa avesse, ma lui mi ha
ignorato ed è tornato a casa. Che strano.
3 Settembre 1910
Caro diario, ho così tanta paura!
Oggi ho visto N. scomparire davanti a
me. Era davvero pallido e magro, come se non mangiasse da giorni. E poi...è
scomparso nell'aria. Ho paura! Devo dirlo alla mamma.'
"Mary Sullivan non sapeva che, dicendolo
a sua madre, avrebbe rovinato la sua vita. In ogni caso, il bel giovane che
vide era senza dubbio un fantasma, forse il fantasma del figlio
dell'industriale. A proposito di quest'ultimo, ho trovato un documento molto
interessante che potrebbe darci un indizio sulla sua identità.
"Nel 1860, l'industriale Nicholas
Hashworth, che già in alcune colonie inglesi aveva fatto fortuna grazie alle
piantagioni di cotone, decise di trasferirsi in America, e mandò il figlio
prima di lui. Si sa che la nave che trasportava Hashworth non arrivò mai,
perché essa affondò nell'oceano Atlantico dopo una tempesta, uccidendo tutti i
suoi passeggeri.
"Concludiamo dicendo che ironicamente,
Hashworth doveva trasferirsi in un posto chiamato Ghostly Village.”
Chiusi il libro di scatto. Oddio, oddio!
Guardai alla finestra. Era sera. Ma
quanto avevo dormito? Guardai l'orologio. Erano le otto. Presi le stampelle,
corsi fuori dalla mia camera. Feci il più velocemente possibile le scale. In
cucina, c'erano Violet, Rose e Jane.
“Ti sei svegliata! Mamma e papa
arriveranno a momenti...”
Mi fiondai fuori. Tentavo di correre
nonostante le stampelle, ma era difficile. Oddio.
Arrivai sul marciapiede davanti a casa
mia. E lì, lo vidi.
In fondo, proprio nel mezzo della
strada, c'era una figura alta e magra, luminosa.
Avanzai, sempre con le stampelle e mi
parai davanti a lui. Eravamo vicinissimi.
“Nathaniel Hashworth” mormorai.
Era pallido. Magro. Come se non avesse
mangiato da giorni. Anzi, era livido. I lunghissimi capelli biondi erano come
mossi da una brezza che in realtà non c'era. Per la prima volta, mi accorsi che
intravvedevo la strada dall'altra parte di lui. Tutto era freddo, intorno a
noi. E poi, lo feci. Non so perché, la mia mano si alzò di scatto lasciando
cadere una stampella, e tentai di toccargli il petto. E la mano lo attraversò
da parte a parte, come se non ci fosse niente davanti a me, solo aria. Aria ancora
più gelida di quella che mi circondava, ghiacciata, tanto che la pelle cominciò
a farmi male.
Oddio!!! Oddio!!
Nathaniel era un...
Il mio urlo squarciò l'intera strada. E
lui sorrise, e scomparve, come se non fosse mai esistito.
Sentii la portiera di una macchina che
si apriva dietro di me. Risate di bambini felici. Oddio! Oddio! Oddio!
Lasciai cadere l'altra stampella, e
cominciai a correre nella direzione da dove venivano i rumori. E, mentre mi buttavo tra le
braccia di quella persona che profumava di lacca, i punti cedettero. Urlai
ancora, ma questa volta alla paura si mescolava il dolore, mentre il sangue viscoso
cominciava di nuovo a colare.
“Lily...ma cos'è successo?”
Oddio!!
“Mamma...Nathaniel è un FANTASMA!”
Wow xD troppo bello!!!
RispondiEliminaMa finisce cosi?
Si! Sono felice che ti sia piaciuto!!! :D
EliminaMa perchè finisce? Mi piaceva troppo aspettare di leggere cosa sarebbe successo...che peccato!. Però sono sicura che presto avrai qualche altra cosa da proporci. Per questo racconto brava, sei sempre riuscita a tenere alto l'interesse e la tensione e hai avuto buona fantasia.
RispondiEliminaCiao Korè, a presto,un abbraccio.
Antonella
Eeeeh...lo so, è un finale molto aperto. Chissà che un giorno non mi venga in mente un seguito....
EliminaUn abbraccio!!